Descrizione del disturbo

Per definizione, un paziente è ipocondriaco se continua a male interpretare alcune sensazioni corporee nonostante abbia ricevuto rassicurazioni mediche pertinenti, valide e ben fondate e nonostante abbia le capacità intellettive per poter compiere le inferenze opportune da tali informazioni. Nell’ipocondria la preoccupazione può riguardare le funzioni corporee (per es. il battito cardiaco, la respirazione); alterazioni fisiche di lieve entità (per es. piccole ferite o una saltuaria allergia); oppure sensazioni fisiche indistinte o confuse (per es. "cuore affaticato", "vene doloranti"). La persona attribuisce questi sintomi o segni alla malattia sospettata ed è molto preoccupata per il loro significato e per la loro causa. Le preoccupazioni possono riguardare numerosi apparati, in momenti diversi o simultaneamente. In alternativa ci può essere preoccupazione per un organo specifico o per una singola malattia (per es. la paura di avere una malattia cardiaca). I soggetti con l'ipocondria possono allarmarsi se leggono o sentono parlare di una malattia, se vengono a sapere che qualcuno si è ammalato, o a causa di osservazioni, sensazioni, o eventi che riguardano il loro corpo. La preoccupazione riguardante le malattie temute spesso diviene per il soggetto un elemento centrale della immagine di sé, un argomento abituale di conversazione, e un modo di rispondere agli stress della vita.

E’ osservazione comune, infatti, che i pazienti ipocondriaci abbiano un’immagine di sé caratterizzata dalla assunzione di essere delle persone fragili, vulnerabili, deboli, facili alle malattie. Tale credenza è piuttosto generale e globale, ma costituisce uno dei perni intorno al quale si costruisce il senso della propria identità. Essa si forma nella prima infanzia nell’ambito delle relazioni con le figure significative di riferimento: spesso la figura d’attaccamento rispecchia tale immagine di debolezza in modo sistematico, ripetitivo, sia con messaggi espliciti che con atteggiamenti iperprotettivi. Va anche considerato che di solito le figure affettivamente significative nella vita adulta del paziente ipocondriaco confermano questa immagine.

L’immagine di debolezza che il paziente ipocondriaco tende ad avere di se stesso ha diverse sfumature. E’ non solo debolezza sul piano fisico, intesa come vulnerabilità alle malattie e come facile stancabilità, ma è anche debolezza sul piano psicologico intesa come tendenza a provare emozioni esagerate, ad avere difficoltà nel controllarle e dunque a poterne essere sopraffatti e impazzire.

Tre scopi sono abitualmente coinvolti nei problemi ipocondriaci:

  • lo scopo di non essere malati;
  • lo scopo di non essere persone deboli e, connesso a questo, anche di non essere esageratamente ansiosi;
  • lo scopo di rispettare una regola di prudenza e perciò di essere all’altezza delle proprie responsabilità.

Molto spesso, almeno in tutti i pazienti ipocondriaci con capacità critica, la preoccupazione ipocondriaca è considerata dai soggetti stessi una reazione esagerata che proprio perché tale compromette lo scopo di ‘non essere deboli’ poiché facilmente suggestionabili, troppo emotivi, non pacati.


Trattamento dell'Ipocondria

Il soggetto ipocondriaco è intrappolato in una spirale viziosa che non solo rende vani i tentativi di rassicurazione e le valutazioni critiche che esso rivolge alla propria condizione, ma, in più, si nutre di tali tentativi e valutazioni. I tentativi di rassicurazione autonomi (autoesami, ricerche di informazioni su internet, ecc.) ed eteronomi (pareri continui chiesti ai familiari, visite mediche, esami specialistici, ecc.) solitamente non funzionano o funzionano solo temporaneamente e soprattutto in molti casi inaspriscono i timori ipocondriaci (un’espressione incerta del medico farà sorgere nuovi dubbi, un valore ematico anomalo rafforzerà la convinzione di essere gravemente malati, ecc.). L’intervento psicoterapeutico dovrà perciò avere tra i suoi obiettivi principali quello di individuare e interrompere le spirali viziose dell’ipocondria.